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Nuntio Vobis
dic 15 2023
Terza domenica di Avvento PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Angela Fariello   
venerdì 15 dicembre 2023

Un annuncio di gioia

4avvento23.png
Nella gioia andiamo incontro al Signore che viene. La liturgia odierna ci fa scoprire la sorgente della gioia: Cristo è in mezzo a noi.
Avvertirlo è sorgente inesauribile di gioia, gioia prorompente che viene cantata con le parole stesse di Maria: è il "Magnificat" la risposta a questa gioiosa scoperta. Ma bisognerà ravvivare la capacità di riconoscere il Cristo: qui e ora.
È troppo forte in noi la tendenza a situare la sua venuta unicamente nel passato o nel futuro. Essa invece è sempre attuale. Il cristiano che lo sperimenta è un uomo felice. Chi invece non avverte questa presenza, deve sentirsi interpellato dal rimprovero del Battista: «C'è in mezzo a voi uno che voi non conoscete».
Ci sono forse molti aspetti del Cristianesimo che non abbiamo ancora scoperto» (Daniélou). Maranatha: Vieni, Signore Gesù!
+ Dal Vangelo secondo Giovanni

Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell'acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Per riflettere
Giovanni è il "martire" della luce, testimone che l'avvicinarsi di Dio trasfigura.

Venne Giovanni mandato da Dio, venne come testimone, per rendere testimonianza alla luce. A una cosa sola: alla luce, all'amica luce che per ore e ore accarezza le cose, e non si stanca. Non quella infinita, lontana luce che abita nei cieli dei cieli, ma quella ordinaria, luce di terra, che illumina ogni uomo e ogni storia.

Giovanni è il "martire" della luce, testimone che l'avvicinarsi di Dio trasfigura, è come una manciata di luce gettata in faccia al mondo, non per abbagliare, ma per risvegliare le forme, i colori e la bellezza delle cose, per allargare l'orizzonte. Testimone che la pietra angolare su cui poggia la storia non è il peccato ma la grazia, non il fango ma un raggio di sole, che non cede mai.

Ad ogni credente è affidata la stessa profezia del Battista: annunciare non il degrado, lo sfascio, il marcio che ci minaccia, ma occhi che vedono Dio camminare in mezzo a noi, sandali da pellegrino e cuore di luce: in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete.

Sacerdoti e leviti sono scesi da Gerusalemme al Giordano, una commissione d'inchiesta istituzionale, venuta non per capire ma per coglierlo in fallo: Tu chi credi di essere? Elia? Il profeta che tutti aspettano? Chi sei? Perché battezzi? Sei domande sempre più incalzanti. Ad esse Giovanni risponde "no", per tre volte, lo fa con risposte sempre più brevi: anziché replicare "io sono" preferisce dire "io non sono". Si toglie di dosso immagini gratificanti, prestigiose, che forse sono perfino pronti a riconoscergli.


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dic 10 2023
Seconda domenica di Avvento PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Angela Fariello   
domenica 10 dicembre 2023

 

 Preparate le strade

 

 Vigilanti, prepariamo la via al Cristo che viene.

2avvento23.png 

La Liturgia di oggi si apre con un grido di gioia.

A un popolo che geme nella schiavitù giunge il lieto annuncio: la tua schiavitù è finita.

Sarà tracciata una strada meravigliosa: per questo si abbatteranno i colli e si colmeranno le valli.

Non credere però che tutto dipenda da te, che la salvezza sia una tua conquista. Il protagonista è sempre Dio.

E Lui che si apre una strada per tornare a noi: nel tessuto vivo della Chiesa, nelle fibre del cuore umano.

Urge un nuovo avvento di Cristo nella nostra esistenza personale, nella Chiesa, nel mondo.

A che serve che sia venuto a Betlemme se non viene in noi?

«Beato chi è pronto ad andargli incontro», canta la Liturgia.

Ma non può attendere chi non ha bisogno di nessuno. Maranatha: Vieni, Signore Gesù!

 

 

+ Dal Vangelo secondo Marco

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. ome sta scritto nel profeta Isaìa:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,


vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

 

 

Per riflettere 

 

Due voci, a distanza di secoli, gridano le stesse parole, nell'arsura dello stesso deserto di Giuda. La voce gioiosa di Isaia: «Ecco, il tuo Dio viene! Ditelo al cuore di ogni creatura». La voce drammatica di Giovanni, il Giovanni delle acque e del sole rovente, mangiatore di insetti e di miele, ripete: «Ecco, viene uno, dopo di me, è il più forte e ci immergerà nel turbine santo di Dio!» (Mc 1,7). Isaia, voce del cuore, dice: «Viene con potenza», e subito spiega: tiene sul petto gli agnelli più piccoli e conduce pian piano le pecore madri.

Potenza possibile a ogni uomo e a ogni donna, che è la potenza della tenerezza. I due profeti usano lo stesso verbo, sempre al presente: «Dio viene». Semplice, diretto, sicuro: viene. Come un seme che diventa albero, come la linea mattinale della luce, che sembra minoritaria ma è vincente, piccola breccia che ingoia la notte.
Due frasi molto intense aprono e chiudono questo vangelo.

La prima: Inizio del vangelo di Gesù Cristo, della sua buona notizia. Ciò che fa ricominciare a vivere, a progettare, a stringere legami, ciò che fa ripartire la vita è sempre una buona notizia, una fessura di speranza. Inizio del vangelo che è Gesù Cristo. La bella notizia è una persona, il Vangelo è Gesù, un Dio che fiorisce sotto il nostro sole, venuto per far fiorire l'umano. E i suoi occhi che guariscono quando accarezzano, e la sua voce che atterra i demoni tanto è forte, e che incanta i bambini tanto è dolce, e che perdona. E che disegna un altro mondo possibile. Un altro cuore possibile. Dio si propone come il Dio degli inizi: da là dove tutto sembra fermarsi, ripartire; quando il vento della vita «gira e rigira e torna sui suoi giri e nulla sembra nuovo sotto il sole» (Qo 1,3-9), è possibile aprire futuro, generare cose nuove. Da che cosa ricominciare a vivere, a progettare, a traversare deserti? Non da pessimismo, né da amare constatazioni, neppure dalla realtà esistente e dal suo preteso primato, che non contengono la sapienza del Vangelo, ma da una «buona notizia». In principio a tutto c'è una cosa buona, io lo credo. A fondamento della vita intera c'è una cosa buona, io lo credo.

Perché la Bibbia comincia così: e vide ciò che aveva fatto ed ecco, era cosa buona. Viene dopo di me uno più forte di me. La sua forza? Gesù è il forte perché ha il coraggio di amare fino all'estremo; di non trattenere niente e di dare tutto. Di innalzare speranze così forti che neppure la morte di croce ha potuto far appassire, anzi ha rafforzato. È il più forte perché è l'unico che parla al cuore, anzi, parla «sul cuore», vicino e caldo come il respiro, tenero e forte come un innamorato, bello come il sogno più bello.

 

 

Ermes Ronchi

 

 

Fonte: arcidiocesibaribitonto.it

 

 
dic 03 2023
Prima domenica di Avvento PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Angela Fariello   
domenica 03 dicembre 2023

 

  Il Cristiano uomo che attende

 

Invochiamo la venuta di Cristo, perchè sostenga e illumini il nostro cammino.

Quel Cristo di cui celebriamo l'avvento fu atteso nel lungo arco di tempo che copre tutta la storia della salvezza.

E stato l'oggetto di tutti i desideri, le promesse e le aspirazioni dell'Antico Testamento.

Venne nella pienezza dei tempi e nel centro della storia a Betlemme, dove il Verbo si fece carne e pose in mezzo a noi la sua tenda.

Viene sacramentalmente nella Chiesa e in ciascuno di noi. Verrà nella gloria alla fine dei tempi.

Come abbracciare in una sola celebrazione fasi così diverse? In realtà l'attesa è unica perché i suoi molteplici aspetti sono coordinati insieme: l'avvento di Cristo nella carne è in funzione del suo avvento mistico nella Chiesa;

e questo a sua volta tende verso il ritorno glorioso del Signore. Maranatha: Vieni, Signore Gesù!

 

1avvento23.png+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

 

Parola del Signore

 

 

 Per riflettere

 

L'Avvento è come una porta che si apre, un orizzonte che si allarga, una breccia nelle mura, un buco nella rete, una fessura nel soffitto, una manciata di luce che la liturgia ci getta in faccia. Non per abbagliarci, ma per svegliarci. Per aiutarci a spingere verso l'alto, con tutte le forze, ogni cielo nero che incontriamo. «Al di là della notte ci aspetterà spero il sapore di un nuovo azzurro» (N. Hikmet). Il Vangelo oggi racconta di una notte, stende l'elenco faticoso delle sue tappe: «non sapete quando arriverà, se alla sera, a mezzanotte, al canto del gallo, o al mattino» (Mc 13,35). Una cosa è certa: che arriverà. Ma intanto Isaia lotta, a nome nostro, contro il ritardo di Dio: ritorna per amore dei tuoi servi... se tu squarciassi i cieli e discendessi.

Non è l'essere umano che dà la scalata al cielo, è il Signore delle Alleanze che discende, in cammino su tutte le strade, pellegrino senza casa, che cerca casa, e la cerca proprio in me. Isaia capovolge la nostra idea di conversione, che è il girarsi della creatura verso il Creatore. Ha la sfrontatezza di invocare la conversione di Dio, gli chiede di girarsi verso di noi,ritornare, squarciare i cieli, scendere: di convertirsi alle sue creature.


 

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dic 01 2023
Avvento, esercizio di Speranza PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Angela Fariello   
venerdì 01 dicembre 2023

 

avvento_vescovo2023.jpeg

 

 

Messaggio dell'Arcivescovo Mons. Satriano per l'Avvento

 

Carissimi fratelli nel sacerdozio,

cari diaconi, sorelle e fratelli che vivete l'esperienza di questa nostra Chiesa in cammino,

Buon Avvento!

Abbiamo concluso un anno liturgico e un altro si spalanca nel segno della luce.

Le tenebre sono squarciate da nuovi fulgori di speranza, che ci destano e rimettono in cammino, disponendo la vita a nuovi slanci, rivelando il volto di Dio che ci cerca e ci ama.

La storia che viviamo non sembra più una "storia", una trama da leggere, narrare e continuare a scrivere insieme, ma un pantano di logiche aride, sterili, prive di umanità. "La moderna perdita della fede, che riguarda non solo Dio o la vita ultraterrena ma anche la realtà stessa, - afferma un autore del nostro tempo - rende la vita umana incredibilmente fugace. [...] Nulla promette di durare e mantenersi". La vita viene messa a nudo ...  e il Signore viene!

Il tempo, ormai vissuto freneticamente, divora i nostri giorni e li svuota dell'opportunità di essere spazio di salvezza...  e il Signore viene!

Il consumo vorace di ogni cosa annienta l'attesa e ci fa poveri dei sussulti del cuore... e il Signore viene!

Sì! Il Signore viene, non si stanca e torna a bussare ai nostri cuori, pro-vocando la nostra responsabilità di uomini, di donne e di credenti, come i vangeli delle scorse domeniche ci hanno indicato.

Ciò che accade a livello internazionale e le situazioni di vita che registriamo a livello locale, non possono lasciarci tranquilli, indifferenti, assuefatti. Non possiamo voltare la testa dall'altra parte.

Siamo chiamati a nutrire la vita, ripartendo dal nostro tempo, dai giorni che si susseguono.

Siamo invitati ad aprire la quotidianità alla presenza salvifica del Signore.

Siamo impegnati a una vigilanza che scruti, discerna e accolga.

Ecco il tempo dell'Avvento, in cui l'attesa diviene esercizio di speranza.

Attendere è sentirsi cercati e disporsi all'incontro.

Attendere è accogliere Dio che si converte all'uomo.

Attendere è aprirci a quei fremiti di vita che l'Incarnazione del Figlio di Dio ha disseminato nel cuore degli uomini.

Attendere è disporre i cuori all'incontro con Cristo, Principe della pace, che viene a strapparci dal lezzo delle nostre inadempienze per consegnarci al profumo di una vita che sappia amare il mondo rendendolo nuovo.

La liturgia di questo tempo permei i nostri vissuti e li renda pronti, vigilanti, audaci nell'incontro con Cristo che viene, sempre. Una vera vita spirituale consiste nell'essere vigili e consapevoli del mondo che ci circonda, di quanto esiste e accade. Tutto entra a far parte della nostra contemplazione e preghiera, invitandoci a rispondere liberamente e senza timore.

Maria, Vergine dell'attesa, ci guidi a rinnovare il nostro radicale "eccomi" al Signore che viene.

Auguri e buon Avvento!

 

 

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dic 01 2023
Tempo di Avvento e Natale PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Redazione   
venerdì 01 dicembre 2023

Messaggio del Parroco

immacolata.png

 

Carissimi fratelli e sorelle, giungiamo al termine dell'Anno liturgico. Le parole fine e inizio si incrociano con la celebrazione di Tutti i Santi, la commemorazione dei fedeli defunti, le domeniche di novembre e quelle di dicembre di Avvento e Natale., nelle quali siamo invitati a rivolgere lo sguardo in alto, a distoglierlo dalle cose che passano perché sappiamo che «non abbiamo quaggiù una citta stabile ma andiamo in cerca di quella futura» (Eb 13,14).

Se alla parola fine si collegano sovente pensieri e sentimenti di insicurezza e a volte di paura, la parola inizio è come un fiore che sboccia, ci rallegra il cuore, ci mette le ali ai piedi per continuare la strada intrapresa che, sappiamo, ha come meta la nostra configurazione a Cristo Maestro, «il più bello dei figli dell'uomo» (Sal 44, 3). È Lui, infatti, il fine, il centro, il Signore della storia e con Lui svaniscono incertezze e paure.

Certo! Viviamo un tempo difficile con l'imperversare continuo delle guerre che alimentano solo gli interessi politici e non tengono conto della distruzione fisica e psichica, aumentano le calamità naturali come i terremoti, le alluvioni, etc. causate anche dai comportamenti umani irrispettosi degli ecosistemi, ogni giorno ascoltiamo notizie poco rassicuranti per la vita e la sicurezza umana. Come credenti non lasciamoci rubare la fede, la speranza e l'amore! Dio scrive diritto anche nelle righe storte della nostra umanità e ogni fine è sempre un nuovo inizio.

 

La Bibbia ci insegna a valorizzare il nostro passato come il luogo in cui l'opera di Dio si è manifestata. Alla parola fine, nella visione cristiana, vanno collegate le dimensioni della memoria, del ringraziamento, del pentimento. È il momento di ripercorrere tutto il cammino che il Signore ci ha fatto compiere: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, il tuo Dio, ti ha fatto fare» (Dt 8,2). A conclusione dell'Anno liturgico prendiamo consapevolezza di quanto la nostra partecipazione al mistero di Cristo, rivissuto nella liturgia, a partire dalla sua infanzia, dal ministero pubblico, dalla passione, morte e risurrezione... abbia contribuito a renderci sempre più volto di Lui per tanti fratelli e sorelle compagni di viaggio nel pellegrinaggio terreno. La Chiesa, quale madre premurosa dei suoi figli, non ci ha lasciato mancare i mezzi di grazia favorevoli alla nostra crescita, soprattutto offrendoci l'azione sacramentale. Così le nostre comunità, con la celebrazione della prima fase del Sinodo, nell'ascolto e nel discernimento in comune, hanno sperimentato il metodo della conversione nello Spirito che ha segnato profondamente la fase consultiva del cammino sinodale. Abbiamo potuto fare esperienza di quanta ricchezza spirituale ci sia nel cuore di tutti e, nello stesso tempo, siamo cresciuti nella gioia di essere parte di un noi.

 

 

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