Il Cristiano uomo che attende
Invochiamo la venuta di Cristo, perchè sostenga e illumini il nostro cammino.
Quel Cristo di cui celebriamo l'avvento fu atteso nel lungo arco di tempo che copre tutta la storia della salvezza.
E stato l'oggetto di tutti i desideri, le promesse e le aspirazioni dell'Antico Testamento.
Venne nella pienezza dei tempi e nel centro della storia a Betlemme, dove il Verbo si fece carne e pose in mezzo a noi la sua tenda.
Viene sacramentalmente nella Chiesa e in ciascuno di noi. Verrà nella gloria alla fine dei tempi.
Come abbracciare in una sola celebrazione fasi così diverse? In realtà l'attesa è unica perché i suoi molteplici aspetti sono coordinati insieme: l'avvento di Cristo nella carne è in funzione del suo avvento mistico nella Chiesa;
e questo a sua volta tende verso il ritorno glorioso del Signore. Maranatha: Vieni, Signore Gesù!
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Parola del Signore
Per riflettere
L'Avvento è come una porta che si apre, un orizzonte che si allarga, una breccia nelle mura, un buco nella rete, una fessura nel soffitto, una manciata di luce che la liturgia ci getta in faccia. Non per abbagliarci, ma per svegliarci. Per aiutarci a spingere verso l'alto, con tutte le forze, ogni cielo nero che incontriamo. «Al di là della notte ci aspetterà spero il sapore di un nuovo azzurro» (N. Hikmet). Il Vangelo oggi racconta di una notte, stende l'elenco faticoso delle sue tappe: «non sapete quando arriverà, se alla sera, a mezzanotte, al canto del gallo, o al mattino» (Mc 13,35). Una cosa è certa: che arriverà. Ma intanto Isaia lotta, a nome nostro, contro il ritardo di Dio: ritorna per amore dei tuoi servi... se tu squarciassi i cieli e discendessi.
Non è l'essere umano che dà la scalata al cielo, è il Signore delle Alleanze che discende, in cammino su tutte le strade, pellegrino senza casa, che cerca casa, e la cerca proprio in me. Isaia capovolge la nostra idea di conversione, che è il girarsi della creatura verso il Creatore. Ha la sfrontatezza di invocare la conversione di Dio, gli chiede di girarsi verso di noi,ritornare, squarciare i cieli, scendere: di convertirsi alle sue creature.
Profezia del nome nuovo di Dio. Finisce la ricerca di Dio e inizia il tempo dell'accoglienza: ecco, io sto alla porta e busso...
«Le
cose più importanti non vanno cercate, vanno attese» (S. Weil). Anche
un essere umano va sempre atteso. Ci sembra poca cosa, perché noi
vogliamo essere attivi, fare, costruire, determinare le cose e gli
eventi. Invece Dio non si merita, si accoglie; non si conquista, si
attende. Gesù nel Vangelo di questa domenica non si stanca di ripetere
il ritornello di due atteggiamenti, nostro equipaggiamento spirituale
per il percorso dell'attesa: state attenti e vegliate (Mc 13,33.35.37).
L'attenzione ha la stessa radice di attesa: è un tendere a... Tutti
abbiamo conosciuto giorni in cui la vita non tendeva a niente; sappiamo
tutti cos'è una vita distratta, fare una cosa ed avere la testa da
un'altra parte; incontrare una persona e non ricordare il colore dei
suoi occhi; camminare sulla terra e calpestare tesori di bellezza.
Distratti. L'amore è attenzione. L'attenzione è già una forma di
preghiera, ed è la grammatica elementare che salva la mia vita
interiore.
Il secondo atteggiamento:
vegliate. Non permettete a nessuno di addormentarvi o di comprarvi.
Vegliate sui primi passi della pace, della luce dell'alba che si posa
sul muro della notte, o in fondo al tunnel di questa pandemia. Vegliate e
custodite tutti i germogli, tutto ciò che nasce e spunta porta una
carezza e una sillaba di Dio.
Ermes Ronchi
Fonte: arcidiocesibaribitonto.it
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