nov
27
2010
Riflessioni
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Scritto da Angela Fariello
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sabato 27 novembre 2010 |
Questo tempo liturgico ha due caratteristiche: la preparazione al Natale e l'attesa gloriosa della venuta di Cristo.
Il tempo di Avvento non va separato nemmeno da quello di Natale-Epifania con il quale costituisce un'unità che celebra la manifestazione del Signore. La nostra fede dell'incarnazione del Verbo sostiene la nostra "attesa escatologica", della fine dei tempi, e ci permette di riconoscere il Cristo che «ora viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perchè lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell'amore la beata speranza del suo regno».
Due sono le modalità caratteristiche per vivere questo tempo liturgico: la preghiera e la carità.
La prima è la concreta attuazione della dimensione dell'attesa e della speranza; la preghiera infatti è ricerca dell'incontro con Cristo, è alimentare la lampada della propria fede. É soprattutto espressione di "povertà" intesa non tanto in senso economico, quanto in senso spirituale: povero è chi riconosce di dipendere interamente da Dio, è chi riconosce di non poter vantare meriti particolari e quindi attende con fiducia la salvezza che Dio gli offre nel Figlio suo Gesà Cristo, apparso nella povertà della nostra natura umana.
La seconda, la carità, è concretizzare l'invito ad un'attesa vigilante che consiste «nell'andare incontro al Cristo che viene con le buone opere». Carità è anche presa di coscienza critica di fronte ad un contesto consumista che sembra soffocare i richiami alla giustizia, alla solidarietà, alla conversione che il profeta Isaia e Giovanni Battista fanno risuonare in questo tempo liturgico.
L'Avvento è un tempo chiaramente segnato dalla presenza della Beata Vergine Maria: è lei che ci invita all'attesa, che ci è di esempio nell'ascolto, nell'accoglienza dello Spirito Santo; la solennità dell'Immacolata Concezione ci viene in aiuto.
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nov
05
2010
Riflessioni
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Scritto da La Redazione
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venerdì 05 novembre 2010 |
da Avvenire - Sabato 30 ottobre 2010
Halloween
in oratorio? No, grazie. «Il primo novembre è la festa di Tutti i Santi, e la Chiesa celebra il
rendimento di grazie per la nuova Gerusalemme, la città di Dio, che si realizza
nella comunione dei santi. Tutto ciò non ha nulla a che fare con satanassi e
diavolesse, scheletri e streghe, dolcetto o scherzetto, zucche vuote e
illuminate e via fantasticando». Parole chiare quelle di don Sandro Stefani,
presidente nazionale di «Noi associazione», sul dilagare di un appuntamento -
quello della notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, che oltre a poter
contare in questi giorni su un battage mediatico e commerciale di vaste
proporzioni, in qualche caso ha trovato ospitalità negli anni scorsi anche
all'interno di oratori e circoli parrocchiali.
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lug
24
2010
Riflessioni
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Scritto da Angela Fariello
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sabato 24 luglio 2010 |
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giu
05
2010
Riflessioni
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Scritto da Redazione
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sabato 05 giugno 2010 |
O l'eucarestia contagia la nostra vita, la riempie, la modella, la plasma, la informa o resta sterile, morta, inutile. La Messa inizia proprio nel momento in cui usciamo dalla porta della chiesa. E dura un'intera settimana. Quel pane ricevuto ci aiuta a sfamare la folla, ad accorgerci della fame insaziata di chi incontreremo durante la settimana e a mettere a disposizione quel poco che siamo per sfamare ogni uomo, nel corpo e nell'anima.
Fa strano pensare di celebrare una messa per riflettere sulla Messa, buffo che ogni anno dobbiamo, proprio durante la Cena, fermarci a riflettere sul senso ultimo e profondo di ciò che stiamo facendo.
Se ciò accade è per cercare di arginare l'abitudine, per smuovere e risvegliare le nostre stanche e assonnate comunità, per chiederci - infine - cosa ne abbiamo fatto del dono del Risorto ai credenti, l'eucarestia.
Bene o male la partecipazione alla Messa domenicale segna l'argine fra "praticanti" e no, fra chi crede e chi, credendo, si raduna in obbedienza al Signore. Ma la messa domenicale rischia, ahimè, di restare l'unico, fragile segno di appartenenza, un obbligo da assolvere, una scipita appartenenza che non converte il nostro cuore.
Quando mi incontro con qualche pretonzolo in giro per l'Italia le tre domande d'obbligo sono: quante parrocchie hai? Quanti abitanti ci sono? Che percentuale di partecipazione alla messa festiva? E se anche avessimo il 100% della popolazione che partecipa alla Messa? Ciò significa che il Regno di Dio avanza? Non mi importa quanta gente partecipa alla Messa.
Mi importa di più quanti escono convertiti e consolati, prete in testa.
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