Scritto da Angela Fariello
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giovedì 01 aprile 2010 |
"Imparò l'obbedienza da ciò che patì"
(Ebrei 5, 8)
La lettera agli Ebrei sintetizza tutto il mistero pasquale in una semplice affermazione: «Imparò l'obbedienza da ciò che patì». L'obbedienza a cui si fa riferimento non allude ad un atteggiamento prono di fronte a chi comanda o alla passaiva esecuzione di alcune norme. L'obbedienza di Gesù è quella di chi non si oppone al progetto di Dio, ma al contrario, si lascia plasmare e orientare. E' l' ob-bedienza nel suo senso più vero, come ab audire, cioè la capacità di ascoltare. Non è un'obbedienza subita, ma un atteggiamenteo disponibile di fronte agli avvenimenti della storia, soprattutto quelli davanti ai quali diventa impossibile reagire. Come nella storia di Gesù, anche nella nostra, la sofferenza è luogo privilegiato nel quale imparare ad obbedire. Non una cieca rassegnazione di fornte aldolore o ai lati oscuri della vita, ma il prendere atto che ci sono avvenimenti che restano per noi un mistero. La sofferenza è realtà di fronte alla quale l'uomo, più che appellarsi alla sua razionalità, può solo accettarla nella fede. Non per spiegarla ma per dale un senso. Come scriverà Bonhoeffer: "Solo chi crede obbedisce e solo chi obbedisce crede" (Sequela). L'obbedienza di Gesù non è la rassegnazione di fronte alla morte, ma il coraggio di andarle incontro.
Signore Gesù,
che sulla croce ci hai rivelato
il senso e il valore della tua obbedienza,
aiutaci a non tirarci indietro
di fronte alle situazioni difficili.
Donaci il coraggio che sa affrontare,
l'obbedienza che sa accettare,
la fede che insegna a viverle.
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