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Scritto da Angela Fariello
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mercoledì 31 marzo 2010 |
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"Questo è il mio corpo che è per voi"
(1 Lettera ai Corinzi 11, 24)
La liturgia di questo giorno introduce nel Triduo pasquale con un duplice gesto, che rimanda ad un'unica realtà: l'amore di Cristo per ogni uomo. San Paolo, raccontando l'ultima cena, riporta le parole con le quali Gesù accompagna il gesto del pane «Questo è il mio corpo che è per voi ». Il vangelo di Giovanni racconta la lavanda dei piedi e ricorda le parole con le quali Gesù lo commenta: «Vi ho dato un esempio ». Sono due gesti che rimandano all'amore totale e fedele di Cristo, quello che lo stesso san Giovanni sintetizza nell'affermazione «Li amò sino alla fine». Il gesto di Gesù, quindi, è molto di più di quello che appare. E' l'amore capace di consegnarsi totalmente nelle mani dell'amato. Chi ama, infatti, non teme di mettersi nelle mani di colui che ama. Per questo, quando Gesù chiede ai discepoli di ripetere il suo gesto, chiede molto di più che la sua semplice ripetizione. Egli chiede a ciascuno di noi di imparare ad amare senza calcoli, senza alcuna pretesa di garanzie da parte di chi si ama. Chi per amore si "consegna" nelle mani dell'altro, sa che il suo amore può anche incontrare il fallimento o addirittura il tradimento. Ma l'amore vero non teme di consegnarsi. Si può addirittura affermare che non può farne a meno. E' sufficiente pensare in quante mani Cristo si consegna in ogni Eucarestia, e chiedersi se tutte quelle mani sono veramente degne di accoglierlo. Ma Gesù continua a "consegnarsi" e chiede a ciascuno di noi di ripetere quel gesto. E' la capacità di "amare senza misura", come insegna Sant'Agostino.
Signore Gesù,
che nel sacramento dell'Eucarestia
continui a donarti ad ogni uomo,
donaci la capacità di amare
senza "se" e senza "ma".
Rendici capaci di amore vero;
quello che non chiede conferme;
non rivendiaca riconoscenza,
non pone condizioni,
ma è capace solo di abbandono.
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Nuntio Vobis 
Redazione
