Lettera della Chiesa di Bari - Bitonto
a Mons. Amel Shamoun Nona, Arcivescovo di Mosul,
e ai fratelli della Chiesa perseguitata che è in Iraq
Carissimo confratello
nell'episcopato,
"siamo
a conoscenza della tua fede, della tua fortezza, e della tua aperta
testimonianza. Tutto ciò è di grande onore per te e arreca a me tanta gioia da
farmi considerare partecipe e socio dei tuoi meriti e delle tue imprese".
Così
scriveva, fratello carissimo, il vescovo Cipriano al vescovo di Roma Cornelio
nel III secolo, in tempo di dura persecuzione. E riguardo ai fedeli così
aggiungeva: "Certo non si può immaginare l'esultanza e la grande letizia che vi
è stata qui da noi quando abbiamo saputo cose tanto belle e conosciuto le prove
di fortezza da voi date" (Lettere,
60, 1-2).
Probabilmente
non pensavamo possibile che anche ai nostri giorni si potessero ripetere, e in
forme anche più gravi per quantità e qualità, persecuzioni e stragi di
cristiani, per il solo fatto di essere cristiani. Abbiamo letto le commoventi
testimonianze, da te riferite in un'intervista dell'agosto scorso (Famiglia cristiana, n. 34, del
24.8.2014), di alcuni fratelli che chiedono: "Ma che succede? Perché ci fanno
questo? Che abbiamo fatto di male?". Anche oggi come allora non si colpiscono
crimini commessi da cristiani, che danno invece, oggi come allora, una
testimonianza di vita irreprensibile, di perdono, di misericordia, di carità
fraterna, ma si colpisce il nome stesso di cristiani.
Non
pensavamo potesse ancora succedere. Ma la Parola di Dio, per bocca
dell'apostolo Pietro, ci ammonisce anche oggi: "Carissimi, non meravigliatevi
della persecuzione che, come un incendio, è scoppiata in mezzo a voi per
mettervi alla prova, come si vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura
in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella
rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se
venite insultati per il nome di Cristo" (1 Pt 4, 12-14).
Preferiamo
affidare i nostri sentimenti alla Parola di Dio, perché le nostre parole sono
incapaci di esprimere il dolore per le prove che sopportate e, insieme, la
gioia per la vostra bella testimonianza di fede nella risurrezione del Signore,
di speranza per il regno che viene, di carità, sia verso i fratelli che verso coloro
che vi perseguitano. Sono vere anche per voi le parole che Tertulliano
rivolgeva ai persecutori del suo tempo: "A nulla servono le vostre più ingiuste
crudeltà: sono piuttosto una attrazione alla nostra comunità di fede. Noi
diventiamo più numerosi tutte le volte che siamo falciati da voi: il nostro
sangue è seme di nuovi cristiani" (Apologetico
50, 13).
Al
di là di concrete iniziative con cui, anche con la nostra Caritas diocesana,
possiamo cercare di venire incontro alle vostre necessità, avvertivamo il
bisogno di farvi sentire la nostra vicinanza: "un cuore solo e un'anima sola"
(At 4, 32), nell'unico "corpo di Cristo che è la chiesa" (Col 1, 18).
Vi
accompagna la nostra preghiera, che si unisce a quella di tanti fratelli sparsi
nel mondo, e agli accorati inviti di papa Francesco, perché il Signore della
pace doni a tutti la sua pace; il 21 novembre prossimo ci sarà un momento
diocesano di preghiera per la vostra Chiesa e per tutte le Chiese perseguitate.
Fatti
interprete, fratello carissimo, di questi nostri sentimenti presso la tua bella
comunità, verso i nostri fratelli nella fede: "grazia a voi e pace da Dio Padre
nostro e dal Signore Gesù Cristo" (1 Cor 1, 3).
+
Francesco Cacucci
e
la Chiesa che è in Bari-Bitonto
|