Seconda Domenica di Quaresima |
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Scritto da Angela Fariello
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domenica 17 febbraio 2013 |
DOMENICA DEL SIGNORE TRASFIGURATO
«È bello per noi essere qui»
La preghiera
Perché riconosciamo in Gesù la
piena e definitiva benedizione di Dio
verso l'umanità e ascoltiamo la
sua Parola che ci dona la piena comunione con il Padre; noi ti preghiamo.
Perché tra le opere quaresimali
poniamo in evidenza l'ascolto della Parola, che ci fa incontrare Dio e
conoscere lui e il suo dono; noi ti preghiamo.
Ravvivare la fede
Da sempre la liturgia della seconda domenica di quaresima è dominata dal racconto della Trasfigurazione: la chiesa incoraggia il cammino dei catecumeni e dei penitenti a salire l'ardua china della sequela di Gesù. Il tipico linguaggio biblico ci avverte che siamo immersi in una teofania solenne. Ci è dato di scorgere il Signore nella sua gloria e siamo fatti consci di partecipare alla stessa, percorrendo la via dell'ascolto: così infatti risuona il comando del Padre.
L'impegno
La seconda settimana può essere impegnata in un esercizio concreto di frequentazione della parola. Un tempo quotidiano per meditare, approfondire, contemplare.
Dal Concilio Vaticano Secondo
Costituzione Dogmatica "Lumen Gentium" sulla Chiesa, n. 36:
Cristo, fattosi obbediente fino alla morte e perciò esaltato dal Padre (cfr. Fil 2,8-9), è entrato nella gloria del suo regno; a lui sono sottomesse tutte le cose, fino a che egli sottometta al Padre se stesso e tutte le creature, affinché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15,27-28). Questa potestà egli l'ha comunicata ai discepoli, perché anch'essi siano costituiti
nella libertà regale e con l'abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato anzi, servendo il Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire il quale è regnare.
Egli è uomo e Dio ... è il nostro sole,
il sole vero che con la pienezza della sua
luce accende i luminosi fuochi fraterni
del mondo e gli astri del cielo. È Colui che è
morto una volta ed è nato di nuovo
per non conoscere più tramonto.
San Zeno II, 12,4
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