Siate sempre lieti 

la testimonianza di vita di un cristiano apre scenari di gioia e chiama continuamente a riscoprire la verità della fede e ad annunciarla con entusiasmo a tutti coloro che sono assetati di vero e di bello, di giustizia e di pace. 

La lampada della verità e della gioia

 Questa la luce che ora risplende nella nostra assemblea ci ricordi l'amabilità e la letizia con la quale, sempre, a nostra fede deve brillare dando testimonianza a tutti di Dio, nostra forza e speranza.
Maranathà. Vieni, Signore Gesù.

Comprendere la parola

Giovanni il Battista è ancora protagonista della lettura evangelica odierna. Si completa la testimonianza che lo riguarda orientandoci verso una più pressante attesa dell'imminente manifestazione del Signore. Giovanni attesta che Gesù è colui che «battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (Lc 3, 17). La prima lettera aggiunge che «il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente» (Sof 3,17). La gioia per il Natale, elemento costante di tutto l'Avvento, nasce allora dall'esperienza della salvezza, come sottolinea il salmo responsoriale ripreso da Is 12,2-6: «Ecco,Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia» (v.2).

Possiamo nuovamente constatare una forte continuità di temi con le domeniche precedenti; dopo l'invito a vegliare e alla conversione, le letture di oggi intendono sottolineare ancora di più l'elemento gioioso dell'attesa: la terza domenica di Avvento è infatti chiamata anche "domenica gaudete".

In questa giornata dedicata alla gioia il vangelo ci indica dove la felicità duratura vada ricercata e il punto di vista è chiaro: ciò che è terreno non  può essere scambiato o paragonato con quanto è divino. Quella del Natale è infatti una gioia davvero particolare, che ciascuno di noi può trarre solo in rapporto con il Cristo. L'importanza di questa indicazione è palese: tutti sappiamo che non è raro accontentarsi, credere che le ricchezze e i possedimenti terreni ci possano dare quella felicità di cui abbiamo bisogno; che vi sia serenità nascosta nel denaro, nella fama e nel successo, salvo accorgersi poi di essersi sbagliati, di aver rimesso le nostre speranze in qualcosa che non le meritava.

Questo messaggio del vangelo non è esplicito ma viene incarnato e resto evidente dalla figura di Giovanni il Battista. Egli battezza e predica. Dice cose mirabili, che lo stesso Gesù riprenderà in seguito: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3, 11). Il Battista ha però un'enorme umiltà e la capacità di tracciare una netta differenza tra sè e il suo successore. A chi si illude che lui sia il Cristo risponde chiaramente che il Messia sarà: «Colui che è più forte di me a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali...» (Lc 3, 16). Un'affermazione pesante, soprattutto se fatta di fronte a chi tanto lo ammirava: Giovanni non può esimersi dal separare nettamente ciò che è divino da quanto è terreno, Gesù da se stesso. Ed è il divino, come ormai abbiamo inteso, a darci la gioia più grande, tanto che Paolo lo ripete due volte, come a voler sottolineare la forza della felicità cui stiamo andando incontro aspettando il Santo Natale: «Fratelli, siate sempre lieti nel Sigore, ve lo ripeto: siate lieti. [...] Il Signore è vicino! » (Fil 4, 4-5)