Natale, ovvero "sentirsi a casa con Dio".
A partire dalle relazioni che viviamo in Ac.
di Luca Sardella, seminarista
già incaricato regionale dei giovani di Ac della Liguria
«…e venne ad abitare in mezzo a noi».
Ci sono esperienze nella storia di ogni uomo che più di altre restano impresse nel cuore e che, a distanza di anni, costituiscono quel patrimonio capace di regalare ispirazione e luce nel cammino della vita. Luoghi, relazioni e volti diventano parte significativa del personale vissuto di ciascuno nella misura in cui è cresciuto in profondità il legame che li unisce a noi. Legame che diventa autentico perché riconosciamo in esso una fecondità e una benedizione, trovandoci in quel rapporto così tanto a nostro agio da “sentirci a casa”.
L’avvicinarsi del Natale riporta in primo piano il desiderio di Dio: “abitare in mezzo a noi”, entrare in intimità con la storia di ciascuno. Sì, perché “abitare” ha il sapore della ferialità, di quella quotidianità che sappiamo essere segnata da eventi di gioia, ma anche da circostanze o dolori che spesso non scegliamo e che generano fatica e sfiducia nel cuore e nel futuro.
Alla luce del cammino associativo che stiamo percorrendo - accompagnati dalla pagina evangelica della guarigione del cieco Bartimeo - l’avvicinarsi del Natale può offrirci l’opportunità di riscoprire tre dimensioni dell’abitare e del “sentirsi a casa”.
Innanzitutto un “sentirsi a casa” nella vita. La strada, insieme alla casa, sembra essere lo spazio che Gesù abitava di più. Bartimeo, cieco, non abita pienamente la strada, ma la occupa soltanto: vive ai margini della vita, c’è qualcosa che ostacola un “esserci” pienamente. Rimuovere ciò che ci paralizza è una prima consegna che ci regala il Vangelo, perché “sentirsi a casa” nella vita che ci è data è uno dei compiti che sfida il nostro cammino di piena umanizzazione. Immergersi nella vita è risvegliare la speranza che l’oggi che viviamo, con tutte le sue contraddizioni e le sue fatiche, ha un senso perché è il tempo che ci è dato per spenderci nel voler bene.
La seconda consegna è il “sentirsi a casa” nelle nostre relazioni. La folla vicina a Gesù vive un duplice atteggiamento: diventa ostacolo all’incontro personale di Bartimeo con il Signore, ma anche “eco” di una chiamata di Dio profondamente esclusiva e intima. «Coraggio, alzati, ti chiama». Alla scuola di Gesù, il Natale può restituirci la consapevolezza che i legami nella nostra vita - anche quelli intrecciati nell’Azione Cattolica - saranno sempre più veri quando diventeranno lo spazio dell’intimità e della fraternità.
Terza annotazione è il “sentirsi a casa” con Dio. «Che vuoi che io ti faccia?» chiede Gesù a Bartimeo. Il Signore rilancia un’intimità, quasi a domandargli in maniera implicita: «Chi sono io per te?». La fede autentica non è, forse, questione di intimità? Non è un “sentirsi a casa” con Dio?
Il voler “abitare” di Dio in mezzo agli uomini che celebriamo nel Natale rivela, così, il suo sogno ultimo: quello che ogni uomo, nelle diverse tappe della propria esistenza, possa sempre “sentirsi a casa” con Lui.
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