Dopo una complessa ricerca e da notizie avute dagli anziani di Toritto, dal decano
dei cantori sig. Vito Lisi e dal più anziano fornaio vivente sig. Abbattista
Giuseppe si è riusciti a stilare un elenco sia dei forni, individuandone
l'ubicazione, i proprietari e i gestori e sia delle compagnie dei fornai dal
1930 ad oggi, anche se la loro origine è assai più antica.
Secondo
la tradizione, la notte tra il 23 e 24 dicembre di ciascun anno i fornai di
Toritto andavano in giro per le strade del paese e ad ogni crocicchio, al suono
rumoroso provocato da coperchi, tegami, teglie da forno, ecc. battuti fra loro
o percossi da cucchiai di legno, gridavano per svegliare e allo stesso tempo
avvertire le donne che il forno era acceso e pronto per la cottura del pane e
dei dolci natalizi fatti in casa, per invocare l'aiuto del Santissimo
Sacramento su quelle famiglie, povere, che non avevano farina da impastare e
per lodare Gesù e Maria.
Questa consuetudine è continuata fino al periodo a cui
risale la nostra ricerca, fino a quando, cioè,
i fornai sono stati, man mano, sostituiti da veri e propri musici e
cantori che suonavano veri strumenti musicali quali violino, mandolino,
tamburello, fisarmonica, chitarra, ecc..
Fu il sig. Morea Raffaele, detto "Pizz d Luc", difatti,
che per primo, da solo, strimpellando la sua chitarra battente, si accompagnò
ai fornai.
Successivamente,
il sig. Vito Lisi, che suonava la chitarra francese e cantava, accompagnato
dallo stesso Morea Raffaele con la chitarra battente, dal sig. Caraccia Nicola
con la fisarmonica e dai fratelli Giuseppe e Rocco, figli del fornaio sig.
Savino Antonio detto "U Gnuff", che ai crocicchi delle vie lanciavano i gridi
d'invocazione e di lode, creò la prima vera compagnia "dei fornai".
Essi, al suono dei predetti strumenti, cantavano "la
Tarantella Torittese", "la Pastorella", nenie e stornelli vari, non solo per le
strade del paese ma, invitati dai proprietari, anche nelle case in cui era
stato allestito un presepe e dove venivano loro offerti dolci natalizi, fichi
secchi, ceci alla cenere, mandorle infornate e altro, il tutto innaffiato da un
buon bicchiere di vino o di liquore che serviva a riscaldarli e proteggerli dal
freddo della notte.
Da
diversi anni, all'alba, i "fornai",
accolti dal parroco e da una moltitudine di fedeli, entrano in chiesa e
terminano la loro esibizione davanti all'altare.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di dicembre de "l'incontro - periodico di cultura locale fondato da don Pierino Dattoli -"
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