Eppure mi tenta ancora
questa avventura
del Figlio Prodigo. Prima era un dovere.
Potere un giorno
dire coi sensi che le cose
gridano a un essere più alto,
a una più alta gioia;
che esse sole
non sono sufficienti.
Dovere di sacrificare
quelle stesse cose
che sono divine,
di consumarle in noi stessi
il fine di una c
reazione
che è nostra.
Oh io l'avrei fatto
s'Egli non avesse parlato.
E se resto, non mi lamento
come il fratello maggiore
che non comprende la ricchezza
di quel figlio
che Sa tutto perduto.
Era bene che uno Gli portasse
l'omaggio delle donne
anche da quelle strade;
sacra è la bellezza
di tutte le creature
e uno doveva raccoglierla.
Difficile era credere
senza provare,
sono i sensi il tempio
di una incrollabile fede.
E dentro la Sua casa
n
on sempre l'uomo intende.
E anch'Egli ha lasciato
il seno del Padre,
e si è commosso di noi
e ci ha amati
perdutamente.
D.M.TUROLDO, O sensi miei
MEDITAZIONE PERSONALE
Quanto è difficile comprendere la tua bontà, sperimentare che
per essere mio Padre hai bisogno che io mi senta realmente tuo figlio.
Mi riesce molto più semplice, invece che immaginarti così,dipingerti
con i tratti di un Dio spietato, che ci tiene prigionieri obbligandoci
a servirlo: annientatore della mia libertà.
Anche io come i due figli
del Vangelo, altaleno la mia vita tra le immagini sbagliate di te che
ho deciso di costruirmi. A volte nell'insicurezza del figlio più piccolo,
che cerca in tutto, tranne che in te la realizzazione della sua vita. Altre
volte nella presunzione del figlio maggiore, che mi impedisce di vederti
unicamente come Padre.
Così non faccio altro che perdermi la gioia
di vivere da figlio nella nostra casa. Ecco allora che un giorno tento di
fuggire via lontano da te, e mi metto a cercare in giro una risposta al
mio desiderio di felicità, di pienezza. Risposta che non troverò mai lì. Il
giorno dopo, al contrario, pretendo di mantenere il posto nella tua casa
compiendo alla perfezione tutto ciò che mi dici di fare, ma senza cuore,
senza amore: solo per dovere.
Questo non è essere figlio, ma schiavo.
Se veramente volevi per te uno schiavo, allora per quale motivo mi
avresti messo al mondo? Sono ancora tanto lontano dal comprendere
che mi hai creato per amore, che per me sei giunto fino al sacrificio
estremo: la croce. Non riesco ad uscire dalle mie logiche contorte, a
capire che nella nostra casa non devo impegnarmi a conservare il posto, ma semplicemente a "ritrovarlo".
Ogni giorno, nelle piccole fedeltà,
nelle sorprese, nella logica a volte incomprensibile e paradossale delle
tue iniziative.
Sono certo che continuerai a venirmi incontro, liberandomi dalla
mia solitudine, per abbracciarmi, nonostante le mie innumerevoli
povertà. Ti chiedo il coraggio di abbandonarmi al tuo amore, di mettere
da parte l'orgoglio, le gelosie, l'errata pretesa di giustizia ed essere
definitivamente tuo.
Aiutami a comprendere che ogni giorno fai festa per il mio "ritorno",
che il banchetto nella nostra casa è sempre imbandito per me.
Quando mi sento lontano donami il coraggio di tornare a bussare alla
tua porta presentandomi davanti ai tuoi sacerdoti, nella confessione, per
chiederti di perdonare le mie mancanze e continuare ad avere pazienza
con me.
Non voglio più dimenticare che la tua misericordia, è il principio e
la fine di tutta la mia vita.
Sarebbe bello provare a considerare tutte le esperienze di misericordia
della mia vita: quali caratteristiche hanno avuto, cosa ho provato,cosa ho
gustato? Sono anche io per gli altri un "generatore" di misericordia? Sono
capace di accogliere la bontà che mi viene dagli altri?
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