mar 12 2011
Prima Domenica di Quaresima
Scritto da Angela Fariello   
sabato 12 marzo 2011
«Perdonaci, Signore, abbiamo peccato»

 

ducciotentazione.jpg

Ha saputo non soccombere alle tre tentazioni umanissime.
Dapprima la magia della lingua, come se  con una parola, una frase o un grido,
si potesse far avverare l'impossibile.
«Se sei così forte, ecco che queste pietre
diventeranno pane! Così potrai assopire la tua fame.

Dai! Vieni, ti porto sulla cima più alta del mondo.
Guarda tutto questo ti appartiene,
l'oro e tutte le banche della terra,
se solamente  per una volta
ti inginocchierai davanti a me,
come fanno tutti gli altri per soddisfare le loro voglie!

Eccoti in cima al Tempio: Non sei forse il Figlio di Dio?
Se è vero, allora buttati di sotto: non sarà che un altro suicidio mancato!
Ce ne sono talmente tanti nel mondo...
Ma per te, il Figlio di Dio, gli angeli rimarranno appostati.
Come? Non sei più forte di tuo Padre?».

E Gesù risponde: « Vattene Satana!».

 

ANNUNCIARE
Ogni anno la Chiesa ripropone il cammino quaresimale che conduce alla Pasqua di risurrezione.
La Quaresima crea l'occasione per riscoprire e vivere il mistero dell'essere e del sentirsi parte di un unico corpo, il Corpo di Cristo. In un tempo in cui tutto sembra andare nella linea, persino esasperata e irreale, della ricerca di se stessi, vivere la Quaresima come comunità, come Chiesa potrebbe essere l'occasione per dare corpo al desiderio espresso da Leone Magno: «Si devono purificare da ogni macchia di peccato non solo i più grandi vescovi, i semplici sacerdoti e diaconi ma tutto il corpo della Chiesa, tutti i fedeli, affinchè il tempio di Dio, il cui fondatore è lo stesso fondamento, sia magnifico in tutte le sue pietre e splendente in ogni sua parte».

La conversione non è da recepire come la negazione di qualcosa ma piuttosto come l'orientamento di ogni cosa verso Cristo. Anche se, talora, la conversione esige la rinuncia ad atteggiamenti o abitudini, è fondamentale un cammino di trasformazione che porta a compimento, in tutta la sua bellezza, ciò che fa già parte di noi. «L'anima è perfetta quando la forza delle passioni è rivolta completamente verso Dio» (Massimo il Confessore).
Da questo punto di vista la conversione a Dio rende l'uomo più se stesso perchè, rendendolo più simile a Dio, gli restituisce la sua identità più vera e profonda. Come ogni opera, anche la conversione ha bisogno di un tempo in cui maggiormente ci si concentri, si verifichi il proprio cammino e si accetti di faticare in vista del completamento del capolavoro che noi siamo in relazione a Dio e agli altri.

Testimoniare e vivere il dono della conversione significa proclamare che l'amore vince ogni male, supera ogni tristezza, fa andare oltre ogni morte. Solo così tanti si volgeranno a questo dono: «Colui che procede nel suo cammino verso Dio non finirà mai di essere in festa» (Giovanni Climaco).
CELEBRARE

La domenica, giorno del Signore, il popolo di Dio si riunisce, convocato dal Risorto, per partecipare all'Eucarestia. È la Chiesa costituita da giusti e peccatori che si incontra con il Risorto e i fratelli nella fede. È la Chiesa, comunità, che si riconosce peccatrice e bisognosa del perdono del Padre.

All'inizio della celebrazione dell'Eucarestia, incontriamo l'atto penitenziale con il suo invito a prendere coscienza che tutti abbiamo bisogno del perdono e che, di fronte alla ricchezza della presenza di Cristo, la nostra indegnità è grande. La celebrazione è pervasa di vari momenti penitenziali: il Gloria, il Credo, la purificazione delle mani nei riti di offerorio, la preghiera di consacrazione, la preghiera successiva al Padre Nostro, la preghiera che precede lo scambio della pace, l'Agnus Dei, il Confiteor che preceede la comunione.

Il sacerdote e i fedeli si riconoscono responsabili davanti a Dio e al prossimo e implorano il perdono; nello stesso tempo professano la misericordia del Padre per poter ascoltare la Parola di Dio e ricevere il Corpo e il sangue di Cristo.
TESTIMONIARE
«... Vedi, don Tonino, io sento nostalgia struggente della tua voce e della tua cosmogonia, perchè ho l'impressione che le cose si siano fatte complicate... Oggi vincono e convincono quelli che non hanno tempo di occuparsi di vittime, poveri, di esuberi, di quelle "pietre di scarto" che nel Vangelo saranno "pietre angolari" dell'edificio della salvezza: quelli che girano lo sguardo da un'altra parte, quelli che fingono di non vedere l'orrore, quelli che sono gli eroi di cartapesta del nostro immaginario e della nostra etica pubblica. Oggi gli afflitti vengono ulteriormente afflitti e i consolati ulteriormente consolati... La crisi del mondo scopre le proprie carte persino con uno sconosciuto vulcano islandese che, risvegliandosi ed eruttando, con la sua nube premonitrice avvolge l'intera Europa. Non c'è varco che indichi l'intangibilità della vita: l'economia appiccica prezzi e toglie valore alle persone, la mercificazione non ha senso del limite, anche i bambini sono merce-lavoro esposti a qualsivoglia violazione, i vecchi sono delocalizzati dalla finanza domestica a rottami o esiliati, le donne pagano a prezzo salatissimo la rivendicazione della propria libertà (cioè della propria dignità), torna la stagione degli acchiappafantasmi. Ognuno ha la propria ossessione, il proprio fantasma da esorcizzare.

La pace di Isia, il disarmo dei pacifisti, il digiuno che purifica, l'astinenza dall'odio: dov'è tutto questo carissimo don Tonino? Dov'è la Pasqua della responsabilità sociale e della convivialità culturale? Anche la Chiesa spesso appare più vocata all'autodifesa che non all'annuncio. L'Annuncio, sì carissimo pastore, quello che tu hai saputo incarnare nella ferialità di un amore senza misura (charitas sine modo): amore capace di giudizio storico, capace di passione civile, capace di condivisione radicale... Tu sapevi essere la sentinella che annuncia l'alba.

Ti ho scritto questa lettera in tono apocalittico, perchè mi hai insegnato che bisogna denunciare il male non per stimolare cinismo e rassegnazione, ma per allenare la coscienza alla ricerca del bene, del giusto e del bello».
(Lettera scritta da Nichi Vendola, Gazzetta del Mezzogiorno, 19/04/2010) 
 
LA SAPIENZA DEI PADRI
Nella vita dei Padri del deserto, si narra di Bessarione, grande monaco vissuto
nel IV secolo. Capitato in una chiesa durante la predica, gli toccò sentire il presbitero
cacciare un peccatore, giudicato indegno di stare tra la gente per bene.
Bessarione non mosse ciglio, si alzò e uscì con lui dicendo:
«Anch'io sono un pecatore».

AddThis Social Bookmark Button