set 16 2009
E' ora di cambiare
Scritto da Caritas parrocchiale Toritto   
mercoledì 16 settembre 2009

cambiamento.jpgOccorre cambiare!

L’esigenza di dare una svolta agli stili di vita diventa pressante, ogni giorno.

Le file notturne per accaparrarsi l’iPhone, l’ultima diavoleria tecnologica, sembrano lontane benché siano trascorsi  solo pochi mesi…Esce sempre qualche novità  che cattura cuore e portafoglio. Ma non saranno questi supermarchingegni sostenuti dal tam tam mediatico a trasformare un’esistenza sempre più complicata, sempre meno sostenibile. Le crisi finanziarie si susseguono e non c’è continente che non ne sia immune.

E’ recessione globale.

Papa Benedetto invita a non mettere il denaro al primo posto. E, con ogni probabilità, ha ragione lui: con il denaro non si può fare tutto, anche se tutto, sempre più spesso, si fa per nome del denaro. E, mentre c’è chi spende 500 euro per il  super telefonino, il 13% della popolazione italiana deve vivere un mese con la stessa somma: è uno dei dati del Rapporto Caritas-Zancan sulla povertà e l’esclusione sociale. Del resto un altro rapporto, quello sull’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), rivela che in Italia aumenta il divario tra ricchi e poveri, rispetto ad altri paesi, dove le differenze di reddito sono più limitate.

Ritornando ai dati Caritas-Zancan, il 55% degli italiani ha un reddito che non supera i 15 mila euro l’anno, mentre il 10% di italiani, da solo, possiede il 45% della ricchezza nazionale.

Tra i paese dell’Ocse siamo in prima fila per disparità economiche e sociali. E non è un bel primato. Ecco, le file! Sono lo specchio dei tempi: in fila per il traffico, dal medico, dal barbiere, alle casse dei supermercati. All’ufficio postale, e non solo lì, la fila istituzionalizzata con tanto di tagliandino numerato. Le code sono diventate un evento. Con i costi che il progresso non riesce ad evitarci. Forse perché non sempre è vero progresso. Se il progresso ha bisogno della crescita morale dell’umanità, come ribadisce da tempo il Papa, quando è solo tecnico invece di proiettare in avanti, può procurare bruschi ritorni da quel futuro, messianico solo in apparenza, che non mantiene quanto promette.

Non è la scienza che redime l’uomo”, sottolinea ancora Papa Benedetto XVI nelle Spe Salvi.

Del resto ogni giorno ha la sua pena, ma non la sua parte di pane. Perché non è vero che tutto il mondo è paese. Anche con la crisi finanziaria  in atto su tutti i mercati, c’è paese e paese, c’è fila è fila.

E, mentre le file per le novità tecnologiche, sono diffuse nei paesi ricchi e nelle isole residenziali dei paesi meno ricchi, quelli per il pane sono esclusive di un’utenza di terzo e Quarto mondo, che ha altri numeri e altre file. E sono lunghe, molte più lunghe nelle nostre.

Il mondo tecnologico ci mette in fila, ma nessuno se la sente di darsi da fare, non dico per eliminarle, ma almeno ridurle, le file.

Ciò perché il mondo che ci circonda è il prodotto di ciò che pensiamo e, finché non penseremo in modo diverso, le cose non cambieranno.

Con la tecnologia ci si illude di dare risposte ai bisogni , controllare l’orticello personale in cui si è creatori dimenticando di essere creature.

Tolto il riferimento a Dio, l’uomo finisce per credere in tutto ed in niente, vittima di una mentalità fossile.

Ai ritmi e stili di vita occidentale si contrappongono ritmi di stili di 923 milioni di poveri che devono risolvere ben altri dilemmi, la fame prima di tutto.

Dei 36 paesi colpiti dall’emergenza alimentare, 21 si trovano in Africa e solo 2 in Europa; sono 24 mila le persone che ogni giorno muoiono di fame, di cui 18 mila bambini sotto i 5 anni.

Eppure nei paesi ricchi si dirottano 100 milioni di tonnellate di cereali dall’alimentazione ai combustibili.

“ La causa principale della fame è la chiusura dell’essere umano nei confronti dei propri simili che dissolve la solidarietà, giustifica i modelli di vita consumistici e disgrega il tessuto sociale”, dice Benedetto XVI. Se l’individuo si chiude all’altro i suoi stili di vita finiscono per essere determinati da logiche di mercato, ma, guarda caso, il mercato, fiore all’occhiello del liberismo occidentale, con la crisi delle banche è piombato nel buio dell’incertezza….. E 2 miliardi di persone vivono con un dollaro al giorno.

Dobbiamo cambiare stile di vita.

Secondo Yunus, Nobel per la pace 2006, è necessario pensare in altro modo perché il mondo possa cambiare. L’immaginazione è fondamentale.

Purtroppo la nostra generazione è impacchettata: troviamo difficile uscire dalle scatole perché amiamo rinchiuderci nelle scatole. E blindarci nelle file. A volte per scelta. Spesso per necessità, le file sono identità delle nostra identità.

Esperienza di percorso caotici e non sempre umanamente comprensibili, la fila soffoca più sempre il nostro tempo nei binari morti della vita.

Però, in una società che cambia con rapidità eccessiva e, per questo, liquida ed incerta, la risposta non può sclerotizzarsi nella scia stanza di chi ripete quello che, nel migliore dei casi, crede di aver capito. Non si può avere paura se si vuole lasciare il mondo in condizioni migliori di come l’abbiamo trovato.

Che fare? Dobbiamo operare delle piccole scelte di cambiamento coinvolgendo in esse chi ci è vicino, dobbiamo prenderci cura di qualcuno che non sia “noi stessi”.

Dobbiamo adottare una persona, una famiglia con cui condividere tutto quello che siamo e che abbiamo.

La formula è semplice: fare agli altri quello che vorremmo che gli altri facessero a noi. Se i poveri e gli esclusi fossimo noi cosa vorremmo che gli altri facessero a noi?

Forse nei nostri propositi di cambiamento dovremmo chiedere consiglio alla nostra guida spirituale, dovremmo assumere come impegno concreto l’adozione di una persona visibile, dei suoi bisogni e non il disimpegno di una moneta lasciata cadere in un cestino.

Per una Caritas parrocchiale a Toritto.

 
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