mar 31 2009
Origini e significati della Pasqua
Scritto da Redazione   
martedì 31 marzo 2009

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Il termine Pasqua, in greco e in latino "pascha"; proviene dall'aramaico pasha, che corrisponde all'ebraico pesah, il cui senso generico è "passare oltre": Il significato effettivo della parola non è del tutto certo. Un gruppo di Padri della Chiesa d'origine asiatica (Tertulliano, Ippolito, Ireneo) collegano la parola pascha al termine greco paschein, che significa soffrire. Sebbene l'etimologia del termine non sia corretta, in questa ipotesi vengono evidenziati i significati propri della Pasqua: il sacrificio e la salvezza.

Per un'etimologia più esatta bisogna ricorrere ad Origene, che intende il senso come passaggio: In questo caso il passaggio è quello del Mar Rosso, dalla schia­vitù dell'Egitto alla Terra Promessa, dunque dal vizio del peccato alla libertà del­la salvezza, attraverso il Battesimo. Applicata a Cristo, l'etimologia suggerisce il suo passaggio da questo mondo al Padre.

Un terzo gruppo di scrittori suppone che l'espressione "passa oltre" si riferisca all'Angelo sterminatore, che, vedendo il sangue sulle case degli ebrei "passa ol­tre"; salvando coloro che stavano dentro.

Ci fu un'epoca nella vita della Chiesa in cui la Pasqua era tutto.

La Pasqua è infatti la festa liturgica più importante per il cristianesimo. Commercialmente sdove___a_symbol_of_peace_by_donireneo.jpgoppiantata dal Natale e da alcune tradizioni pagane più allettanti della società moderna> la Pasqua rappresenta e celebra i tre momenti fondamentali del cristianesimo. A ciò si aggiunga che la Pasqua rappresenta il raccordo con la matrice giudaica del cristianesimo e al tempo stesso il momento di affrancamento da tale matrice.

La festa cristiana viene assunta dalla ce­lebrazione della liberazione del popolo di Mosè dalla schiavitù d'Egitto, festeg­giata in occasione del primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera. Originariamente festa pastorale delle popolazioni nomadi del vicino Orien­te, la pasqua ebraica si trasforma in una festa agricola, quando le tribù trovano una collocazione definitiva.

È Mosè a far coincidere le celebrazioni agresti con la fuga. In Esodo, capitolo 12, si narra che Mosè ordinasse ad ogni famiglia, prima di abbandonare l'Egitto, di immolare un capo di bestiame pic­colo e di bagnare col suo sangue gli stipiti delle porte delle case.

Dopo aver consumato il pasto in piedi, con il bastone in mano, le famiglie sono pronte per la partenza: essa avviene nella notte, dopo il passaggio dell'angelo di Dio, che uccide tutti i primogeniti egiziani, risparmiando solo le abitazioni ebraiche segnate dal sangue. Secondo i Vangeli, Gesù Cristo istituisce il sacra­mento dell'Eucaristia proprio durante le celebrazioni della Pasqua. Il Nuovo Testamento narra che Gesù fosse crocifisso alla vigilia della Pasqua ebraica. In un primo momento i cristiani di origine ebraica, infatti, celebrano la risurre­zione di Cristo subito dopo la Pasqua ebraica, mentre quelli di origine pagana celebrano la Pasqua ogni Domenica.

 

 

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O, una luce con i chiodi

 

Così un bambino dinanzi al cero pasquale.

I chiodi li sentiamo.

Ma la luce, la vediamo? E noi, siamo luce?

Noi siamo inchiodati: a noi stessi e agli altri,

al nostro tempo e alle nostre responsabilità.

Uno si è lasciato inchiodare alla nostra croce.

E da essa non è sceso.

Inchiodato sino alla morte.

In questo modo egli è divenuto la luce,

la luce che penetra attraverso le porte chiuse.

Egli è risorto

e mostra i segni dei chiodi.

Luce inchiodata.

I chiodi li sentiamo.

Ma la luce, la vediamo? E noi, siamo luce?

 

Klaus Hemmerle

 

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