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feb 22 2010
Buona annata, deludente il risultato PDF Stampa E-mail
Scritto da Vincenzo D'Urso   
lunedì 22 febbraio 2010
Annata buona quest'anno per il raccolto delle olive, sia per la quantità (oltre 80.000 quintali) che per la qualità del prodotto, conolive.jpg una resa che si attesta in media sui 17,50 chili d'olio circa per quintale; nessun problema di integrità del frutto e clemenza del tempo per un numero di giorni sufficiente a portare a termine il raccolto.
Deludenti e inadeguati i ritorni economici rispetto ai costi di coltivazione e di raccolto. I prezzi di vendita delle olive dai 35 ai 40 euro al quintale sono quelli, ormai stabilizzati, sui livelli raggiunti dopo il loro crollo nello scorso anno; quelli dell'olio dai 235 a 260 euro al quintale, per il convenzionale; sui 300 euro quello biologico, per quantità pari al 40% dell'intera produzione. Nessu
n risultato migliorativo è venuto dalle fermate dei lavori di raccolto e dalle manifestazioni di protesta dello scorso anno. Quest'anno, fortissima in Capitanata e in altre zone della Puglia e della Basilicata, la protesta da noi non è neppura partita, minata in partenza da delusione e sconforto.
Lo sforzo di rendere produttiva e remunerativa la produzione ha impegnato i nostri coltivatori e gli operatori del settore in uno sforzo di continuo adeguamentodi strutture e di mezzi, meccanici e tecnologici, sempre più evoluti ed adeguati alle progressive riduzioni di manifattura tenedenzialmente in fuga verso altri impieghi lavorativi. 

Ciò che però rappresenta la barriera ancora insormontabile per una effettiva valorizzazione del prodotto, per quanto esso vale in qualità e genuinità, è senza dubbio la commercializzazione.
La collocazione del prodotto oggi subisce le logiche di alcune trasformazioni ed evoluzioni del mercato.
olio.jpg
Prima i grossisti facevano "magazzino" si suol dire, cioè compravano tutta la produzione, o gran parte di essa, e la ammassavano per il successivo smercio. Oggi non più. Il grossista confeziona il prodotto per la vendita da banco del supermercato, al quale il cliente, che una volta si faceva la scorta per tutto l'anno, ricorre per un consumo a breve termine. Perchè comprare infatti e tenere in deposito-scorta un prodotto che per altro occupa spazio in abitazioni sempre più spartane e lascia sedimentare residui che vanno perduti?
Il "magazzino-deposito" oggi lo fa l'oleificio che così è costretto per le sue spese e per i pagamente ai coltivatori a ricorrere sempre di più alle banche. Il deposito in magazzino fa aumentare le impurità con conseguenti perdite sui quantitativi di prodotto in deposito. A questo si aggiungono i costi di assicurazioni, vigilanza, spese di manutenzione che fanno notevolmente assottigliare gli utili.

Settore dunque in crisi di svalutazione del frutto di tanto appassionato lavoro, abbisognevole forse di una nuova imprenditoria e managerialità nelle tecniche di valorizzazione e di pubblicizzazione di un genere che diventi un cosidetto "prodotto di nicchia". 

 


L'articolo è pubblicato sul numero di gennaio 2010 de "l'incontro - periodico di cultura locale fondato da Don Pierino Dattoli".

 

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